Valesio, Francesco <n. ca. 1570>: 3 schede

Cremonini, Cesare <1550-1631>

1. Chlorindo e Valliero, poema di Cesare Cremonino

In Venetia: dal Sarzina, 1624

166, [2] p. ; 4o. Segn.: A-K8 L4. Bianca l'ultima c.

Impronta : a.a, e,no o;te SeCo (3) 1624 (R)

Front. inciso di F. Valesio. Strappo alla base del frontespizio.

Cremonini, Cesare <1550-1631>; Valesio, Francesco ; Sarzina, Giacomo <1.>;

Coll.: 1502 - G.IV 10

Cesare Cremonini (Cento, 1550–Padova, 1631), filosofo e scienziato italiano, ultimo esponente dell'aristotelismo del Rinascimento in Italia, e professore di filosofia naturale dal 1573, fu insegnante per alcuni anni a Ferrara e, nel 1590, venne chiamato dall'Università di Padova dove rimase fino al 1629. Amico e rivale di Galileo Galilei fu difensore della medicina averroista e sostenitore della mortalità dell'anima, legata indissolubilmente al corpo umano. Le sue opere a stampa edite tutte nella prima metà del '600 e non più ristampate trattano di fisica e psicologia aristotelica. I drammi, poemi o favole come egli le chiamò, quali "Il nascimento di Venezia" (Venezia 1617), Clorindo e Valliero (Venezia, 1624), "Le pompe funebri" (Ferrara, 1590) ecc., furono opere di gioventù.


Strozzi, Giulio <sec. 17>

2. Erotilla di Giulio Strozzi per le nozze de gli eccell.mi principi D. Marcantonio Borghese et D. Camilla Orsina

In Venetia: appresso il Violati, 1615 (In Venetia: appresso Giacomo Violati, 1615)

[8], 110, [2] c. : ill. calcogr. ; 4°. Segn.: croce4 2croce4 A-2E4

Impronta : Sihi o,o. e,a, AnPe (3) 1615 (A)

Front. e ill. calcogr. nel testo disegnate da Andrea Commodi e incise da Francesco Valesio. Iniz. e fregi xil.

Strozzi, Giulio ; Valesio, Francesco ; Commodi, Andrea <1560-1638>; Violati, Giacomo;

Coll.: 539 - M.II 34

Giulio Strozzi, pseudonimo 'Luigi Zorzisto', (1583-1652), autore del libretto della Finta pazza (1541) di Sacrati, ha collaborato a Venezia, tra il 1627 e il 1630, con Monteverdi. Membro dell’Accademia degli Incogniti, con l’avvento a Venezia dell’opera pubblica si afferma come librettista, collaborando con Manelli, Cavalli e Sacrati, per il quale appunto scrive la sua opera più famosa. Per Monteverdi scrive il libretto di La finta pazza Licori (1627), opera mai rappresentata e di cui si è persa la musica.


Bonarelli, Guidubaldo<1563-1608>

3. Filli di Sciro. Fauola pastorale del conte Guidubaldo de' Bonarelli. Detto l'Aggiunto, Accademico Intrepido. Da essa Accademia dedicata al Sereniss. Signor Don Francesco Maria Feltrio dalla Rouere duca 6. d'Urbino

[Ferrara, 1607]

[18], 179, [3] p., 6 c. di tav. : ill. ; 4o. Segn.: pa-b4, A-Z4.

Impronta : i-o, a,ua e,e, NoEn (3) 1607 (A)

Il luogo e la data di emissione si ricavano dalla lettera dedicatoria a Francesco Maria Feltrio dalla Rovere di Ottaviano Maganini, segretario. Frontespizio calcogr. inciso da F. Vallegio con putti, stemma dedicatorio e impresa della Accademia degli Intrepidi. Capilettera xilogr. 5 tavole calcografiche poste all'inizio di ogni atto, tutte le tavole sono firmate F. Vallegio. Firma manoscritta del proprietario dell'opera Joseph Aglio in calce all'antiporta. I ed. Di questa prima edizione esistono due stampe nello stesso anno, quale delle due é la prima? Quella senza il nome dello stampatore presumibilmente pubblicata dalla stessa Accademia degli Intrepidi?

Bonarelli, Guidubaldo<1563-1608>; Valesio, Francesco ;

Coll.: 3088 - G.VII 3

Guidubaldo Bonarelli, nacque ad Urbino nel 1563 e morì a Fano nel 1608. Fu mandato in Francia a studiare teologia, ma non volle seguire la carriera ecclesiastica e preferì l'ufficio di maestro di camera presso il duca di Ferrara, che apprezzando in lui il vivido intelletto, non tardò ad affidargli missioni delicate. Seguendo le vicende degli Estensi, passò poi a Modena ai servigi del duca Cesare e poi del Cardinale Alessandro che lo avrebbe voluto suo primo maggiordomo in Roma. Benchè malato per accettare l'invito, postosi in viaggio, fu sorpreso dalla morte a Fano nel 1608. La fine immatura tolse all'autore la possibilità di lasciare frutti copiosi del suo ingegno, ma alla sua fama bastò la Filli di Sciro, commedia pastorale che egli donò alla Accademia degli Intrepidi di Ferrara, dove venne pubblicata nel 1607. E' giudicata ciò che di meglio, il già stanco genere pastorale produsse nel XVII sec. Non le mancano eleganza, musicalità di versi, nè sapienza di costruzione scenica, ma il caso psicologico da cui vorrebbe derivare la sua originalià non fu accettato. Trattasi del doppio amore di Celia che in "Filli di Sciro" si innamora con la stessa passione di due giovani che l'hanno salvata da un centauro. I contemporanei sentirono l'ardimento e l'inverosimiglianza di siffatta invenzione e lo stesso autore fu costretto a giustificarla attraverso numerose pagine di prosa. Tutto ciò non impedì alla Filli di avere grandissima fortuna in Italia e fuori, come dimostrano le molte edizioni, le traduzioni e le non rare imitazioni.